L’e-learning partecipato

Enrico MatteazziQuando l’e-learning si ispira ai libri game

Sempre più spesso le aziende mi chiedono di portare nei corsi maggiore interattività, ché per catturare il discente è necessario coinvolgerlo, farlo partecipare insomma; però a volte questo non basta: serve qualcos’altro… ma cosa?

Ve le ricordate le storie a bivio?

I libri game mi hanno insegnato molto.

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Ho ragionato parecchio sul loro funzionamento e sulle possibili opportunità di applicare le storie a bivio alla formazione. Ragionavo su questo fatto: la maggior parte delle persone che leggono un libro game, quando lo finiscono, ricominciano la storia per vedere le alternative. Alcuni lettori lo rileggono tutto per scoprire ogni possibile finale.

Questa abitudine mi è parsa assai interessante. Ho capito che in generale le persone sono attratte da ciò che viene loro celato e c’è una categoria di persone, in forte crescita, che cerca la partecipazione.

Chi sono i fruitori partecipati?

Io li chiamo “fruitori partecipati“, coloro vogliono sentirsi parte attiva di quello che leggono, di quello che ascoltano, ma più in generale di quello che fruiscono sui social, su Youtube.

Ecco perché credo che l’e-learning si debba evolvere sotto questo punto di vista: la partecipazione attiva del discente va stimolata, ma non è così semplice farlo.

Cerchiamo di capire come si può creare engagement attraverso tre approcci che spesso si compenetrano tra loro: storytelling, storydoing e gamification.


Creare engagement: storytelling e storydoing

Basta un po’ di interazione in più?

Ci sono corsi e-learning estremamente noiosi che nemmeno il più volenteroso degli ID frequenterebbe mai, figuriamoci i discenti!

Per creare engagement su questo tipo di corsi, le aziende chiedono agli instructional e ai content developper cose anche impossibili; ma soprattutto chiedono interazioni, nella convinzione che basti l’interattività per creare engagement.

Non è proprio così. Vediamo perché.


L’interattività? Condizione necessaria ma NON sufficiente.

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In questo blog ho spesso parlato di storytelling che ha varie definizioni, ma che possiamo intendere anche come l’arte di raccontare una storia per veicolare contenuti complessi e facilitare la memorizzazione di informazioni altrimenti noiose.

E poi ho accennato più volte allo storydoing se ricordate, ovvero l’arte di rendere partecipi dei contenuti veicolati tramite il “fare la storia”. Lo storydoing è fondamentale nei videogiochi come anche nei libri game (di cui si accennava poc’anzi): in quei casi, infatti, è possibile comporre la trama di una storia e il proprio finale personalizzato. C’è un videogioco dove la composizione della trama consente ben 72 finali alternativi. Forte, no?

E pensate che oggi tutto questo si potrebbe applicare all’e-learning. Per farlo però occorre tenere in considerazione il terzo fattore, di cui parleremo ora: la gamification.


Il gaming, questo… conosciuto!

Nell’e-learning innovativo le due dimensioni “-telling” e “-doing” non sono contrapposte ma anzi, si integrano e convivono in uno stesso habitat: il gaming. Il concetto alla base del gaming nella formazione è quello del “giocando si impara“: il divertimento, infatti, aiuta a fissare i concetti nella memoria a lungo termine.

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Il processo che sta dietro al gaming, che lo descrive in tutte le sue declinazioni possibili, si chiama gamification.


Il futuro? L’e-learning partecipato!

Intrecciando i libri game con i videogiochi nell’ambiente formativo in gamification, si possono già creare corsi che i discenti hanno voglia di frequentare, e magari saranno loro stessi a chiedere di frequentarli.

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Visto che mi occupo soprattutto di bambini, mi piacerebbe portare questo approccio al mondo dell’infanzia, per creare curiosità, voglia di inventare, voglia semplicemente di entrare a far parte di qualcosa di prezioso: la cultura.

Videogame o giochi da tavolo?

AvatarMeglio… Dixit!!!

Ciao a tutti!

La vostra Karumi è tornata!

Oggi non parlerò di animazione (nooo *i fan prendono le torce e i forconi*). Calma! Non linciatemi, magari ne riparleremo più avanti!

Magari quando uscirà un certo film atteso quest’anno *cof cof* The Incredibles 2 con il ritorno di Brad Bird alla regia*cof cof* , che io avrò il piacere di vedere in anteprima in Brasile a giugno. Per cui vi farò una recensione a caldo senza spoiler più avanti.

Comunque, tornado al nostro argomento di oggi, vi svelerò uno dei miei segreti: io non sono un’amante dei giochi e dei video giochi. Ecco! L’ho detto.

Fermi! rimettete via i forconi!

Eh, sì! Fin da piccola non mi hanno mai appassionata. Ho giocato ogni tanto alla Playstation a casa di amici e parenti ma non mi ha mai suscitato la voglia di volerne una tutta per me.

Strano ma vero! L’unico che avrei voluto avere per provarlo era il Game Boy ma i miei genitori, ritenendolo troppo costoso, non me lo comprarono. Forse sono una dei pochi esemplari degli anni ’90 a non averci mai giocato. Sono una specie rarissima! Preservatemi!

L’unico game station che è riuscita a rendermi partecipe è stata la Wii, sempre di alcuni amici, con Just dance e Wiisport ah, ah, ah! Forse mi piacciono di più i giochi dove ti muovi.


I giochi da tavolo? Sì, ma solo se è DIXIT! 😀

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I giochi da tavolo li ho sempre trovati un po’ noiosi o troppo complicati  – esempio: Dungeons and Dragons – perché quando gioco desidero rilassarmi e non complicarmi la vita (che è già complicata di suo ah, ah, ah! 😀 ). Questa è la mia opinione personale, ognuno è libero di fare ciò che vuole e ciò che gli piace 🙂

Sono una sempliciotta e ne vado fiera!

Beh, ecco. Dopo tanti anni a non amare i giochi ne ho trovato uno che mi ha preso finalmente! E… udite udite: l’ho pure comprato! Si tratta di Dixit, un gioco da tavolo francese con delle illustrazioni bellissime!! Vincitore di numerosi premi internazionali come miglior gioco per famiglie ( anche al Lucca Comics del 2010) Dixit è nato dalla mente di Jean-Louis Roubira, con le immagini realizzate dai pennelli di Marie Cardouat.

Ma come funziona questo gioco?

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I giocatori devono essere minimo 4/5 (anche tre ma si è in pochini) e ognuno deve avere 6 carte. L’obiettivo del gioco è quello di dire ciascuno a turno una frase, una parola o addirittura un verso che riguardi una delle carte del mazzo.

Gli altri giocatori dovranno scegliere una carta dal loro mazzo e darla al “narratore” che dovrà mischiarle e metterle tutte a mostra sul tavolo. Gli altri dovranno cercare di indovinare la carta del narratore sapendo già che una delle carte sul tavolo è la loro.

Dopo un count down di 3 secondi, ognuno dovrà scegliere quale secondo lui è la carta giusta e chi avrà indovinato riceverà 3 punti.

Prendendo punti si muoverà nel cartone dei punteggi la propria pedina, un simpatico coniglietto colorato, e vincerà chi riceverà più punti e sarò il primo a raggiungere il traguardo nel cartone segna punti.

Poi c’è da dire che chi sceglie la carta sbagliata regala un punto al proprietario della carta, perché è stato in grado di ingannare gli altri concorrenti.

Facile, intuitivo ma sopratutto illustrato! Mi ha conquistata subito!!! E dopo averci giocato da un amico, l’ho acquistato online! Ed ora il compito più arduo sarà convincere la mia famiglia a giocarci, ah, ah, ah!!! 😀 Forse non è un caso che non sia amante dei giochi, eh?!

Le illustrazioni sono una più bella dell’altra!

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Provare per credere! Alcune ricordano palesemente dei libri o dei film (Harry Potter,ecc) mentre altre sono più astratte nei contenuti. Dei gioiellini!

Buona settimana giocosa a tutti!

Tchau!

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