Vuoi che impari? Coinvolgimi!

Il sogno di un ID

Il corso perfetto

Che cosa ci vuole per creare un corso e-learning davvero efficace? Sintesi? Uno storytelling efficace? Basta inserire qui e là qualche interazione per “svegliare il discente che dorme”? Secondo me c’è qualcosa di più e in questo post cerco di introdurre il tema nel modo più semplice possibile.


La formula magica dell’insegnamento

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Sono un tipo curioso, lo sono sempre stato, e questa è una fortuna ma anche una maledizione. Sì perché da quando ho iniziato a occuparmi di e-learning, circa sette anni fa, il mio obiettivo è sempre stato arrivare al corso perfetto; ma è chiaro che questo obiettivo è impossibile da raggiungere: è un asintoto verso cui si tende, ma che non si può raggiungere. Eppure, vale la pena cercare di raggiungerlo.

Sì, ma come si fa? Ora ve lo spiego.

Quand’è che uno studente mostra interesse e desidera ardentemente seguire un corso (di qualunque tipo)?

La risposta è più semplice di quel che pensate: lo studente partecipa volentieri ad un corso e-learning se sa che si divertirà, ovvero se il corso lo stimolerà, cioè lo coinvolgerà emotivamente con associazioni positive.

Belle parole… ma come si fa?

Una soluzione è trasmettere la passione per l’argomento: insomma, se l’argomento appassiona il docente, è molto probabile che quest’ultimo trasmetterà il proprio spiccato interesse per la materia ai suoi discenti. Nell’e-learning però la faccenda è più complicata, perché spesso lì il docente non c’è. Ci sono solo i CONTENUTI.


I segreti di un ID con le mani in pasta

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Siamo andati tutti a scuola e ci ricordiamo bene quali professori erano più capaci di trasmettere la propria materia e quali altri, invece, ti provocavano nient’altro che sonnolenza. Ma perché i primi riuscivano meglio dei secondi? Ne sapevano di più? Non è detto… Allora forse erano più bravi a spiegare? Può essere, ma questa mi pare una condizione necessaria ma NON sufficiente.

Ho studiato per anni le tecniche di progettazione e-learning e ancora le sto studiando. Essendo un tipo creativo, mi piace imparare e poi mettere insieme le conoscenze apprese, da più settori apparentemente incompatibili. Ad esempio, secondo me la soluzione al problema dell’insegnamento efficace passa per il teatro e per il mondo dell’infanzia.

Energia è passione!

Per proporre un servizio e-learning di qualità la prima cosa è la passione per il proprio lavoro; ma ci vuole anche una componente di energia: creare della tensione, che va dal contenuto verso il discente. Senza queste due componenti, non c’è coinvolgimento.

Un’altra variabile importante è l’ambiente di lavoro: troppo stress, ma anche troppe distrazioni, portano ad un abbassamento della resa creativa. In effetti, per progettare un corso di formazione (in LMS – Learning Management System, ma non mi riferisco alle aule virtuali) serve molta creatività. E la creatività, che vi piaccia o no, è legata a doppio filo con il divertimento.

Insomma, l’ID che si diverte crea i corsi migliori: gioca con la progettazione. Ma attenzione! Per lui, o lei, il lavoro è gioco, ma è pur sempre lavoro, non lo dimentichiamo mai.


Le magnifiche sette!

Vi lascio con 7 domande che dovreste fare a voi stessi prima di iniziare la progettazione di un corso e-learning:

  1. Lo seguo volentieri questo corso o mi viene da dire “che noia…”?
  2. Ci sono troppe cose scritte?
  3. Come posso sintetizzare le informazioni?
  4. Posso trasformare il testo in immagini e/o animazioni?
  5. Mi viene voglia di cliccare il famoso tasto “avanti” alla fine di una slide, oppure la vivo come una imposizione?
  6. Che cosa manca in quella slide che non mi convince?
  7. Che cosa c’è di troppo in quella slide che non mi convince?

Mi chiamo Enrico Matteazzi

Enrico Matteazzi avatar

Lavoro come Instructional Designer per realtà dell’e-learning di livello internazionale che stanno cambiando il modo di fare formazione in Italia. Ho anche un’altra attività: mi occupo di bambini. Per loro costruisco burattini e creo spettacoli originali e a tema per eventi e feste di compleanno. Inoltre sto lavorando a progetti multimediali interattivi per bambini e ragazzi: i libri partecipati. Saranno presto realtà.

Continuate a seguire il blog e la pagina Facebook di AP!


Io e Karumi stiamo lavorando al primo libro partecipato della storia!

Clicca sull’immagine e scopri di più.

zeroalfa copertina

Attrazione, interazione, esperienza (parte 2/3)

Coinvolgimento è inter(azione)

Una piccola premessa.

Introducendo il concetto di Interazione, in uno dei miei passati post, mettevo di proposito la parentesi prima del suffisso ‘-azione’. Vediamo perché.

Il termine è stato importato dal francese interaction.

[il prefisso ‘inter-‘] sta ad indicare una posizione intermedia tra due cose o due limiti di spazio o di tempo, un rapporto di collegamento, o un rapporto di reciprocità.

(fonte: http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano)

Invece il suffisso ‘azione’ deriva dal latino actio -onis e da agĕre ‘fare’ e il suo uso è documentato dall’inizio del Secolo XIV. Nella società contemporanea ha assunto una miriade di significati, a seconda che lo si voglia usare per il cinema, piuttosto che per descrivere azioni di movimenti politici, manifestazioni di energia, moto o movimento… ecc. ecc. Per la gamification secondo me la definizione più corretta è questa:

Azione è il “mettersi in moto per…”, dove il ‘per…’ indica uno scopo, un obiettivo, qualcosa che si percepisce come raggiungibile nel breve o nel lungo periodo.

approfondisci l’attrazione

approfondisci l’esperienza

Quindi abbiamo due caratteristiche dell’interazione:

  1. L’interazione ha a che fare con qualcosa che crea collegamento e rapporti di reciprocità;
  2. Azione significa “fare” o “agire”, nel senso di mettersi in moto per…“.

Consapevoli di questa definizione, se inseriamo l’interazione all’interno dello Storytelling – di cui abbiamo tanto parlato in post precedenti – ne risulta qualcosa di non solo emozionale ma anche inter-attivo. Ecco allora lo STORYDOING di cui già accennavo…

approfondisci lo Storytelling

approfondisci lo Storydoing

Per fare questo però l’interazione deve avere uno scopo, un OBIETTIVO che si intreccia e si amalgama bene con la storia che raccontiamo. Per dirla in parole semplici: bisogna dare un motivo ai giocatori per giocare.


alamedaproject.com
#alamedaproject

La mission di Alameda Project è stimolare la partecipazione attraverso contenuti multimediali utili per la scuola e per la “nuova” editoria multimediale, inserendoci in questa famigerata industria 4.0 di cui si inizia a parlare ma che poi, in fin dei conti, nessuno ha ben capito cosa sia.

approfondisci l’attrazione

approfondisci l’esperienza

“E’ come nelle grandi storie… quelle che contano davvero.”

Vi lascio con questo video. Gustatevelo tutto… consapevoli.

Al prossimo post, amici! Buon lavoro a tutti e buona… lettura partecipata!!! 😉


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Attrazione, interazione, esperienza (parte 1/3)

*Chiedo scusa se continuo a basarmi sull’ultimo libro di Viola e Idone Cassone, L’arte del coinvolgimento, ma è diventato la mia bibbia. 🙂

La “legge dell’attrazione”

Continuiamo ad approfondire il tema del coinvolgimento nell’e-learning, questa volta partendo da tre elementi che lo caratterizzano in via più generale:

  1. ATTRAZIONE
  2. INTER(AZIONE)
  3. ESPERIENZA

Nel secondo punto è stata inserita volutamente una parentesi; vedremo il perché nel prossimo post. Intanto iniziamo dal primo punto: ATTRAZIONE.

approfondisci l’interazione

approfondisci l’esperienza


Come lavora l’attrazione nell’e-learning?

Sappiamo tutti cosa significa “attrarre”; quello che non ci è chiaro è COME si fa ad attrarre qualcosa.

Nell’e-learning l’attrazione si realizza tramite seduzione,
tuttavia ciò non è sufficiente.

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La seduzione non si vede solo nella pubblicità o negli happening o negli spettacoli di teatro o ancora nel cinema… Si vede anche nell’e-learning. Come? Ad esempio con una grafica accattivante, con suoni messi al posto giusto e al momento giusto, con una regia video calibrata e attenta… Tuttavia, alla base ci devono essere dei buoni contenuti, ovverosia testi e situazioni reali con cui l’utente può interagire e sentirsi davvero parte di qualcosa; altrimenti mi spiace, ma non si raggiungerà l’obiettivo di far imparare qualcosa.

Il ruolo dell’instructional designer.

L’instructional nel 2018 deve essere in grado di sedurre con sensazioni ed emozioni mantenendo però i contenuti ben ancorati alla realtà.

Ci sono molti modi di sedurre:

  • con dei ritmi specifici: ti catturano in un continuo vai e vieni;
  • con rapidità: un forte impatto sensoriale tipo “colpo di fulmine”;
  • attraverso un’aura indefinita: il fascino misterioso di certi oggetti;

Non resta che provare. 😉

I rischi del “troppo gaming”.

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Giustissimo, secondo me, progettare contenuti con i criteri tipici del videogame perché questo crea partecipazione emotiva e la partecipazione facilita l’apprendimento; però attenzione! Se spingiamo troppo sul gaming e sulla seduzione rischiamo di perdere l’ancoraggio con la realtà e non funzionerà. Cercare l’equilibrio nelle cose è essenziale.

Vi lascio con una citazione che mi è piaciuta e che secondo me calza:

Dimmi e io dimentico,
mostrami e io ricordo,
coinvolgimi e io imparo.

Benjamin Franklin

Ci vediamo al prossimo post! 😉

approfondisci l’interazione

approfondisci l’esperienza

Le due P del coinvolgimento (parte 2/2)

Personalizzare, cosa significa?

La seconda “P” del Coinvolgimento secondo Viola e Cassone è la Personalizzazione. Ecco la prima definizione del termine “personalizzare” che mostra Google:

Adattare alle esigenze di una persona o di una categoria di persone, conferendo originalità a un prodotto o a un servizio di norma convenzionale, standardizzato.

Da questa semplice definizione emergono quattro parole chiave:

  1. ADATTARE
  2. ESIGENZE
  3. PERSONA
  4. ORIGINALITA’

Quindi possiamo dire che personalizzazione significa prendere un prodotto e adattarlo alle esigenze di una persona conferendogli un valore aggiunto che è dato dall’originalità della personalizzazione stessa. In termini più semplici, personalizzare un prodotto vuol dire renderlo unico per una persona ma anche per una nicchia di mercato.

la prima “P”: partecipazione

Tra on-line e off-line

 

Facebook? Un gigantesco videogioco!

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Il videogame è il primo esempio di personalizzazione efficace. Personaggi con caratteristiche simili alle nostre oppure del tutto diverse dal quelle reali, diventano il nostro alter ego che ci fornisce un alibi per fare e dire qualsiasi cosa, protetti dallo schermo di un PC e dalle nostre care mura domestiche.

Possiamo fare di tutto, dire di tutto; ci sentiamo liberi di esprimerci (a volte nel non rispetto degli altri); per alcuni questa “libertà” genera un senso di appagamento molto forte che alla lunga si trasforma in fidelizzazione. L’industria del videogioco l’ha capito prima di tutte e infatti c’ha monetizzato subito.

Poi è arrivato Facebook.

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Il Social Network economicamente più pesante del mondo non è altro che un gigantesco videogioco in cui tutto è personalizzazione e dove il prodotto non esiste, perché il prodotto SEI TU. Avremo modo di approfondire quest’ultima frase che va compresa e non fraintesa.

Per il momento, riflettete su questa cosa: nell’ultimo decennio l’economia mondiale è stata ribaltata: si è passati dalla strategia push alla strategia pull: quel che muove il mercato non è l’offerta ma la domanda.

Domani è oggi.

Stando le cose in questo modo, aziende come Facebook e Twitter non sono più da considerarsi fenomeni, ma si inseriscono in un processo ben più ampio, un cambio di paradigma socio-economico che coinvolge anche istituzioni e società civile.

la prima “P”: partecipazione


In questo blog però mi occupo in generale di e-learning e di edutainment con riferimenti frequenti al mondo dei libri multimediali interattivi. Seguimi! ^_^


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Le due P del coivolgimento (parte 1/2)

Partecipare e Personalizzare

Vorrei riprendere ed approfondire il discorso iniziato giorni fa sull’arte del coinvolgimento parlando delle due “P” del coinvolgimento, ovvero:

  • Partecipazione
  • Personalizzazione

Per farlo, prendo sempre spunto dal libro L’arte del coinvolgimento di Fabio Viola e Vincenzo Idone Cassone perché sintetizza e spiega bene in meno di 150 pagine la teoria del Coinvolgimento attivo con esempi pratici e argomentazioni precise e puntuali.

la seconda “P”: personalizzazione

Partecipazione, inseguirla o evitarla?

motocross

Faccio una premessa.

Aprirsi alla partecipazione è una scelta coraggiosa: significa prima di tutto spalancare le porte della propria azienda alle influenze provenienti dal basso; dunque vuol dire aprirsi prima di tutto alle critiche e ai suggerimenti.

Nel 2018 le aziende devono aprirsi. Si parla quindi di Partecipazione attiva, che mira a coinvolgere i clienti. In questa ottica, il cliente diventa un fornitore… di cosa? Di idee, di proposte, di suggerimenti, di iniziative… e perfino di denaro (nel caso del crowdfunding).

Le aziende del Nuovo Millennio non hanno paura di porre ai propri clienti (non solo ed esclusivamente alle banche, al governo, allo Stato…) la domanda che mette in crisi il più coraggioso degli imprenditori “self-made-man” anni ’90.

la seconda “P”: personalizzazione

La Domanda che spaventa di più:

Mi dai una mano?

Nessuno lo ammetterà mai, ma per l’80% (forse anche il 90%) delle aziende italiane chiedere consiglio ai propri clienti è praticamente blasfemia. Perché? Be’, perché l’imprenditore vuole essere autonomo e vuole IM-porre, non vuole che siano i propri clienti a PRO-porre. Mi spiego?

Se seguiamo questo ragionamento, aprire l’azienda alla partecipazione degli utenti significa perdere il controllo sulla domanda e questo causerebbe problemi inimmaginabili alla nostra “mitica” immagine aziendale… giusto?

Peccato che siamo nel 2018 e non negli anni ’90. Nel mondo della Rete, sempre più connessi, IL CONTROLLO È ILLUSIONE.

L’unica cosa che puoi controllare è la tua strategia.

Siamo Millennials, figli della TV a colori, cresciuti con Internet da aziende old style che internet non sapevano manco cosa fosse. Aziende grosse, dinosauri abituati a imporre la propria offerta commerciale al cliente (strategia push). In quell’ottica, il venditore ti convinceva a comprare creando intorno al marchio il MITO…

Ma ora?

Trent’anni dopo le regole del gioco sono state capovolte: la domanda decide l’offerta, i consumatori parlano alla velocità della luce con altri consumatori dall’altra parte del mondo scambiandosi opinioni. Si acquista da casa in modo indipendente e si inizia a voler partecipare alla realizzazione di qualcosa: un prodotto, un servizio, ma anche un’idea, per qualcuno un sogno… perché no?

la seconda “P”: personalizzazione

Il nuovo mercato

pexels-photo

Cambierà ancora il modo di concepire il prodotto? Forse. Sarà tutto personalizzabile da casa propria? Probabile. Però state molto attenti: nessuno ha la sfera di cristallo. E il futuro dipende dalle scelte di un insieme di singoli individui, per questo la situazione è complessa. Arduo è lanciarsi in proiezioni e previsioni oggigiorno. 😉

Nei prossimi giorni approfondirò la seconda P, ovvero la Personalizzazione. Seguite il blog se vi interessa l’argomento, e condividete che mi fa sempre piacere.

la seconda “P”: personalizzazione


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