Controlli mentali
Testi: Enrico Matteazzi
Illustrazioni: Elettra Casini
Cristina camminava con Max Barr tra le strade di Manhattan. Si sentiva stranamente bene con lui, anche se non sapeva perché; però c’era qualcosa che non andava: ad ogni passo in più, la ragazza avvertiva una specie di nebbia che le appannava il cervello, come se ci fosse una forza… qualcosa che le impediva di ragionare in modo lucido.
Stavano passeggiando lungo la Settima Avenue da qualche minuto, quando Max si fermò, la guardò negli occhi e le disse con tono dolce: “Devo dirti una cosa”.
Lei, ricambiando il suo sguardo tenero, rispose: “Dimmi”.
“Da quanto ci conosciamo noi due?”, chiese lui.
Lei provò a ricordare, ma la sua mente era davvero appannata. “Io… non ricordo”, disse.
“Sono due anni”, fece lui.
“Due anni…?”, chiese lei confusa. Non ricordava che fosse passato così tanto tempo. Si sentiva così strana…
Max la guardò negli occhi e, in tono ancora più dolce, le mormorò: “Dalla prima volta che ti ho vista mi sei piaciuta”, quindi si avvicinò per baciarla. Lei però non era del tutto convinta, eppure non riusciva a resistergli.
All’improvviso, un leggero venticello scosse i capelli di lei. Un istante dopo, dal nulla apparve l’agente X che si frappose subito tra i due, distanziandoli.
Preso alla sprovvista, Max Barr fece due passi indietro. “Tu!”, ringhiò rivolto all’agente, “come hai fatto a…”
X non perse altro tempo: estrasse dai pantaloni la bacchetta xavica e la puntò contro il terrorista temporale, pronto a colpirlo. Max, però, si dimostrò più svelto e mentre l’agente estraeva la bacchetta, con un gesto rapido lo spinse di lato, afferrò Cristina per un braccio e la trasse a sé. La tenne ferma mentre faceva scattare un coltellino a serramanico. Lo puntò alla gola di Cristina, che non riusciva nemmeno ad urlare, tanto era spaventata.
“Che vuoi fare, Max?”, chiese X, la bacchetta puntata contro il terrorista.
“Tu che dici…?”, rispose Max, visibilmente nervoso. “Posa quella stupida bacchetta, altrimenti giuro che le taglio la gola.”
“Non lo farai.”
“Perché no?”
“Se la uccidi, distruggerai un nodo Zero Alfa!”
“Non mi importa. Lo avrei distrutto comunque.”
“Non sai quello che dici! Se distruggi uno Zero Alfa, provochi…”
Non fece in tempo a finire la frase. All’improvviso Max Barr fu preso da strani spasmi, finché cadde a terra, svenuto. Dietro di lui, Artemius fece un passo avanti. Aveva in mano un teaser, uno di quegli aggeggi che provocano scosse elettriche ad alto voltaggio.
Cristina si sentì mancare e X corse subito a soccorrerla: “Cristina, stai bene?”, le chiese.
“Sì…”, rispose lei a fatica, “ma voi… chi siete?”
“Amici”, rispose Artemius lisciandosi la barba.
“Vai a casa”, le suggerì amorevolmente l’agente.
“Io…”, ribatté lei con un filo di voce. Guardò Max steso a terra: “Che gli avete fatto?”, chiese spaventata.
“Ha cercato di ucciderti”, rispose Artemius. Lei però non capiva.
“Vai a casa”, tornò a ripeterle X.
Cristina era in preda allo choc. Non ricordava nulla di quanto successo nell’ultima ora. Come c’era finita in quel vicolo? E chi erano queste persone? E perché il suo amico Max era steso a terra? Era… morto?
Disperata, raccolse la borsetta, che nel frattempo era finita per terra, e fece finta di allontanarsi. Cercò il cellulare. Lo trovò. Accese lo schermo. Stava già per comporre il nove-uno-uno, quando all’improvviso, per un motivo che non sapeva spiegarsi, le venne in mente Marvin.