Un mondo morto
Testi: Enrico Matteazzi
Illustrazioni: Elettra Casini
New York. Emblema di un mondo morto. I più importanti grattacieli di Manhattan, quelli che erano stati il centro di una città un tempo chiamata “la grande mela”, erano ridotti a un cumulo di macerie. Abbandonati al loro destino, i palazzi intorno a Times Square resistevano ancora, ma oramai erano allo stremo delle forze. Presto anche loro si sarebbero arresi alla forza devastante della natura, che con piante infestanti di ogni tipo aveva invaso strade, mura, finestre e tralicci.
In uno dei vicoli di Wall Street, un cartello segnaletico aveva resistito alla devastazione che aveva disintegrato la città intera. Stava in piedi per miracolo da anni, ma bastò un’ultima leggera folata di vento a spezzarlo in due. La parte superiore piombò sull’asfalto e l’eco metallica rimbalzò per tutto l’isolato. Un secondo dopo, l’agente X e Marvin comparvero proprio lì davanti.
Liberatosi con uno strattone dalla presa dell’agente, Marvin si guardò intorno smarrito.
“Dove sono?”, chiese.
“A New York”, rispose X.
Marvin fece qualche passo in avanti e osservò le rovine che lo circondavano.
“Questa… non è New York!”, disse.
“In effetti no…”, rispose l’agente, “non ancora, almeno. È ciò che accadrà alla città se tu non farai qualcosa”.
Marvin notò il cartello per terra; si chinò e lo raccolse. Era consumato e scrostato.
“Benvenuto nel futuro, ragazzo”, mormorò X.
“Non capisco…”, disse Marvin. “E dici che tutto questo dipenderà da me? Ma com’è possibile?”
“È l’effetto farfalla…”, rispose X, “una piccola azione ne provoca un’altra… e questa un’altra… e un’altra ancora, in una catena infinita. È così che funziona.”
“E Cristina cosa c’entra?”
“Non ne ho idea! Forse siete collegati, dovete fare qualcosa di molto importante insieme, non lo so… Magari è solo il destino… Va’ a sapere come vanno certe cose!”
“Credevo che tu avessi tutte le risposte.”
Marvin posò a terra il cartello e rimase fermo ad osservare quel mondo morto. Senza che se fosse reso conto, una lacrima era scesa sulla sua guancia.
“Ma io non so cosa devo fare”, disse con un filo di voce.
X si avvicinò di più e gli mise una mano sulla spalla: “Nessuno sa che cosa deve fare. La vita è imprevedibile, ma tu segui l’istinto e ricordati che la rosa attende alla fine della strada.”
Marvin si asciugò la lacrima. “Cosa significa?”, chiese guardando l’agente dritto negli occhi. Ma X non rispose e un istante dopo erano già scomparsi. Lasciarono quel luogo dimenticato da Dio e tornarono da Artemius, che li aspettava con impazienza.
“Finalmente!”, esclamò contento nel vederli riapparire tutti interi. “E ora che si fa?”
X sorrise prima di rispondere: “Ora si fa una bella sorpresa all’amico Max.”